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Emma Prestia, Traduzioni italiane dei refranes del Don Chisciotte
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41. No hay candados, guardas ni cerraduras que mejor guarden a una doncella que las del recato propio
QI, cap. LI
It. FRANCIOSINI: Non si trovano lucchetti, guardie, né ferrature, che meglio guardino una Donzella, che quelle del proprio riguardo (p. 660).
It. GAMBA: Era custodita dal genitore, o a meglio dire era essa custode di sé medesima (p. 561).
It. GIANNINI: Non ci sono né lucchetti, né custodi, né serrature che proteggano una fanciulla meglio del proprio riserbo (p. 544).
It. CARLESI: Non ci son catenacci, né guardie, né serrature che custodiscano una ragazza meglio del suo contegno personale (pp. 561-562).
It. MARONE: Non ci sono catenacci, custodi né serrature che meglio difendano una fanciulla della sua stessa riservatezza (pp. 702-703).
It. BODINI: Non c’è lucchetti, guardie o serrature che custodiscano una fanciulla meglio del rispetto di sé (p. 560).
It. FALZONE: Non ci sono lucchetti, guardie o serrature che custodiscano una fanciulla meglio del proprio riserbo (p. 439).
It. LA GIOIA: Non ci sono lucchetti, protezioni o serrature che siano più efficaci del proprio riserbo (p. 466).
It. CANALE: Non esistono catenacci, guardie o serrature che possano custodire meglio una donzella che il proprio riserbo (p. 925).
Gamba stravolge totalmente la struttura e le parole del refrán, La Gioia lo sintetizza togliendo il complemento oggetto "la donzella" e rendendolo impersonale, mentre le altre traduzioni risultano letterali. Si noti l’alternanza di lucchetti e catenacci per tradurre candados e l’alternanza di guardie, custodi e catenacci per rendere in italiano guardas. Carlesi e Giannini inseriscono la congiunzione "né" davanti a "guardie", diversamente dagli altri traduttori che rimangono fedeli alla costruzione spagnola di riferimento. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre que mejor guarden: che meglio guardino (Franciosini); che meglio difendano (Marone); che custodiscano (Carlesi, Falzone, Bodini); che proteggano (Giannini); che possano custodire meglio (Canale). Varianti per del recato proprio: del proprio riguardo (Franciosini); della sua stessa riservatezza (Marone); del suo contegno personale (Carlesi); del proprio riserbo (Falzone, Giannini, La Gioia, Canale); del rispetto di sé (Bodini). Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 227.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 591.
42. No hay gente más mala que las placeras, porque todas son desvergonzadas, desalmadas y atrevidas
QII, cap. LI
It. FRANCIOSINI: (è fama che) Non ci sia gente più cattiva, delle donne che vendono in piazza, perche tutte sono sfacciate senz’anima (p. 512).
It. GAMBA: Non vi è gente più briccona delle donne che vendono sul mercato: sono il peggio che si possa dire, svergognate, senza coscienza, temerarie (p. 466).
It. GIANNINI: Non c’è peggio gente delle mercatine, perché sfacciate, senza coscienza e insolenti tutte (p. 444).
It. CARLESI: Non c’è peggior genia delle mercatine; perché son tutte sfrontate, senza coscienza e impertinenti (p. 1030).
It. MARONE: Non c’è gente più malvagia dei rivenduglioli, perché tutti sono sfrontati, senza coscienza ed impertinenti (p. 499).
It. BODINI: Non c’è canaglia peggiore delle venditrici di piazza, son tutte svergognate, prive di scrupoli e impudenti (p. 1005).
It. FALZONE: Non c’è gente peggiore delle venditrici di piazza, perché sono tutte svergognate, senza coscienza e insolenti (p. 789).
It. LA GIOIA: Le ambulanti hanno pessima reputazione, essendo tutte delle svergognate, senza scrupoli e strafottenti (p. 861).
It. CANALE: (tutti dicono che) Non vi sia razza peggiore di quella delle venditrici ambulanti, tutte svergognate, senz’anima e temerarie (p. 1705).
Le traduzioni appaiono per lo più letterali, ma si può notare l’uso di diversi tempi verbali dovuto al contesto sintattico in cui è situato ogni sintagma preso in esame.In tutti i casi esaminati i traduttori hanno optato per l’utilizzo della preposizione "delle/dei", in accordo con le regole della grammatica italiana, per introdurre il termine di paragone, non seguendo la costruzione spagnola di partenza che adotta la congiunzione que. Nella versione di La Gioia la struttura della frase è stata semplificata: è stata omessa la parte introduttiva ed è stato elevato a soggetto il complemento di paragone (las placeras). L’ordine SV per todas son è rispettato solo da Franciosini, Marone; Giannini e Canale omettono il verbo ed elencano subito gli aggettivi che qualificano las placeras; i restanti traduttori dislocano il verbo prima del soggetto, non restando fedeli né al testo spagnolo di riferimento né alle regole della grammatica italiana che prevedono generalmente un ordine SV. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre las placeras: donne che vendono in piazza/venditrici di piazza (Franciosini, Falzone, Bodini); donne che vendono sul mercato (Gamba); rivenduglioli (Marone); mercatine (Carlesi, Giannini); ambulanti/venditrici ambulanti (La Gioia, Canale). "Rivenduglioli", toscanismo letterario, e "mercatine" sono vocaboli rari, appartenenti al lessico di basso uso secondo il GRADIT. Si noti come Marone adotti un sostantivo maschile e non femminile come invece presente nel refrán di partenza. Varianti per desvergonzadas: sfacciate (Franciosini, Giannini); svergognate (Gamba, Falzone, La Gioia, Bodini, Canale); sfrontati/sfrontate (Marone, Carlesi). Marone ricorre a un aggettivo di genere maschile in accordo col sostantivo "rivenduglioli" adottato. Varianti per desalmadas: senz’anima (Franciosini, Canale); senza coscienza (Gamba, Marone, Carlesi, Falzone, Giannini); senza scrupoli/prive di scrupoli (La Gioia, Bodini). Varianti per atrevidas: temerarie (Gamba, Canale);impertinenti (Marone, Carlesi);insolenti (Falzone, Giannini); strafottenti (La Gioia);impudenti (Bodini).
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 431.
43. No hay memoria a quien el tiempo no acabe, ni dolor que muerte no le consuma
QI, cap. XV
It. FRANCIOSINI: Non ci è memoria, che il tempo non la diminuisca, né dolore, che la morte non la consumi (p. 137).
It. GAMBA: Non v’è reminiscenza la quale non venga cancellata dal tempo, né dolore a cui la morte non metta fine (p. 131);; GIANNINI: Non c’è ricordo cui il tempo non cancelli, né dolore a cui la morte non metta fine (p. 125).
It. CARLESI: Non c’è memoria a cui il tempo non metta fine, e non c’è dolore che non passi con la morte (p. 131).
It. MARONE: Non c’è memoria che il tempo non cancelli, né dolore che la morte non disperda (p. 230).
It. BODINI: Non c’è memoria che il tempo non consumi, né dolore a cui la morte non dia termine (p. 141).
It. FALZONE: Non c’è memoria a cui non ponga termine il tempo, né dolore che la morte non consumi (p. 103).
It. LA GIOIA: Non c’è ricordo che il tempo non cancelli, né dolore che la morte non guarisca (p. 113).
It. CANALE: Non c’è memoria ch il tempo non cancelli né dolore che la morte non consumi (p. 229).
Franciosini, Marone, Giannini, La Gioia, Bodini e CANALE: traducono letteralmente e mantengono l’ordine dei costituenti all’interno del testo originale. Nella versione di Gamba il soggetto (il tempo) diviene complemento di causa efficiente poiché egli rende passiva la frase; in quella di Carlesi, nella seconda parte del sintagma, il soggetto (la morte) diviene complemento di mezzo e viene posto fine della frase. Falzone infine non rispetta il giro all’italiana SVO e il testo spagnolo originale poiché sposta il soggetto (il tempo) dopo il complemento diretto. Giannini e La Gioia sono gli unici due che adottano "ricordo" per tradurre memoria dallo spagnolo. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre no acabe: non diminuisca (Franciosini); non venga cancellata (Gamba); non cancelli (Marone, Giannini, La Gioia, Canale); non metta fine (Carlesi); non ponga termine (Falzone); non consumi (Bodini). Varianti per no le consuma: non la consumi (Franciosini); non metta fine (Gamba, Giannini); non disperda (Marone); non passi (Carlesi); non consumi (Falzone, Canale); non guarisca (La Gioia); non dia termine (Bodini). Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 247.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 195.
44. No hay poeta que no sea arrogante y piense de sí que es el mayor poeta del mundo
QII, cap. XVIII
It. FRANCIOSINI: No ci è poeta che non sia arrogante, e pensi di sé, d’essere il maggiore Poeta del mondo (p. 169).
It. GAMBA: I poeti sogliono esser arroganti, e facilmente credonsi grandi e sublimi (p. 161).
It. GIANNINI: Non c’è poeta che non sia presuntuoso e che di sé non pensi di essere il maggior poeta del mondo (p. 152).
It. CARLESI: I poeti son tutti presuntuosi, e ognuno di loro si crede d’essere il più gran poeta del mondo (p. 738).
It. MARONE: Non c’è poeta che non sia arrogante e che non pensi di essere il più grande del mondo (p. 173).
It. BODINI: Non c’è poeta che non sia superbo e non pensi di sé che è il più gran poeta del mondo (p. 730).
It. FALZONE: Non c’è poeta che non sia presuntuoso e non pensi di sé che è il più gran poeta del mondo (p. 572).
It. LA GIOIA: Non c’è poeta che non sia arrogante e non si reputi il maggiore poeta del mondo (p. 614).
It. CANALE: Non c’è poeta che non sia arrogante e non pensi di essere il maggior poeta del mondo (p. 1223).
Le traduzioni sono letterali, pur notando alcune varianti tra l’una e l’altra, come l’alternanza di arrogante, presuntuoso e superbo per arrogante. Anche in questo caso la tendenza di Gamba è quella di riassumere il refrán.Il testo originale presenta una frase scissa, in cui l’elemento focale viene posto a inizio frase in una struttura del tipo "non c’è x che…", che Carlesi e Gamba modificano ricorrendo a una frase diretta SVO.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 170.
45. No puede haber gracia donde no hay discreción
QII, cap. XLIV
It. FRANCIOSINI: Non si puol ritrovar grazia, dove non è discrezione (p. 424).
It. GAMBA: Non si dà grazia dove non è discrezione (p. 393).
It. GIANNINI: Non può esservi brio dove non sia intelligenza (p. 370).
It. CARLESI: Non vi può essere spirito senza intelligenza (p. 955).
It. MARONE: Non può aversi arguzia dove non esista intendimento (p. 414).
It. BODINI: Non vi può essere spirito se non v’è intelligenza (p. 937).
It. FALZONE: Non vi può essere spirito se non v’è intelligenza (p. 733).
It. LA GIOIA: Non ci può essere simpatia senza intelligenza (p. 798).
It. CANALE: Non vi può essere grazia ove non vi sia discrezione (p. 1581).
Le traduzioni risultano per lo più letterali e fedeli alla struttura dell’espressione proverbiale spagnola. Carlesi e La Gioia riducono però il refrán a proposizione semplice poiché omettono il verbo no hay nella seconda parte del sintagma, sostituendolo con la preposizione "senza". Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre gracia: grazia (Franciosini, Gamba, Canale); arguzia (Marone); spirito (Carlesi, Falzone, Bodini); brio (Giannini); simpatia (La Gioia). "Brio" è la variante diacronicamente più recente, poiché introdotta nel lessico italiano all’inizio del XVII secolo, dallo spagnolo ‘brío’, dal provenzale ‘briu’, dal gallico ‘*brīgos’: "forza/vivacità" (GRADIT 2007). Varianti per discreción: discrezione (Franciosini, Gamba, Canale);intendimento (Marone);intelligenza (Carlesi, Falzone, Giannini, La Gioia, Bodini). Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 233.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 367.
46. No se escribe con las canas, sino con el entendimiento, el cual suele mejorarse con los años
QII, Prologo al lettore
It. FRANCIOSINI: La traduzione del prologo non è presente nell’edizione consultata.
It. GAMBA: Non è la canizie che scrive, ma l’intelletto (p. 4).
It. GIANNINI: Non si scrive già con i capelli canuti, ma per virtù d’intelletto, che con gli anni suole divenir migliore (p. 14).
It. CARLESI: Non si scrive coi capelli bianchi, ma coll’intelligenza, la quale cogli anni diventa sempre migliore (p. 588).
It. MARONE: Non si scrive con le canizie, ma con l’intelletto, che è solito con gli anni affinarsi (p. 10).
It. BODINI: Non è coi capelli bianchi che si scrive, ma con l’intelletto, che suole perfezionarsi con gli anni (p. 588).
It. FALZONE: Non si scrive coi capelli bianchi ma con l’intelletto che suole progredire con gli anni (p. 459).
It. LA GIOIA: Non si scrive con la canizie ma con l’intelletto che, di solito, migliora con gli anni (p. 490).
It. CANALE: Non si scrive con le canizie, ma con l’intendimento, che suole migliorare con gli anni (p. 973).
Non tutte le traduzioni sono letterali, poiché quella di Gamba è una sintesi del refrán che omette la parte finale, mantenendo comunque intatto il significato, e poiché nell’edizione consultata di Franciosini è assente la traduzione del prologo che contiene questo aforismo. Bodini rende in italiano con una frase scissa, struttura sintattica più elaborata e assente nel testo di partenza, in cui l’elemento focale viene posto a inizio frase in una struttura del tipo "(non) è x che…". Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre canas: canizie (Gamba, Marone, La Gioia, Canale); capelli bianchi (Carlesi, Falzone, Bodini); capelli canuti (Giannini). "Capelli bianchi" e "capelli canuti" sono due soluzioni che prevedono il ricorso a una perifrasi composta da sostantivo-aggettivo, non aderente all’originale canas; inoltre "canizie" e "capelli canuti" sono scelte stilistiche più elevate rispetto all’alternativa più comune e colloquiale costituita da "capelli bianchi" (GRADIT 2007). Varianti per intendimento: intelletto (Gamba, Marone, Falzone, Giannini, La Gioia, Bodini);intelligenza (Carlesi);intendimento (Canale).
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 34.
47. Oficio que no da de comer a su dueño no vale dos habas
QII, cap. XLVII
It. FRANCIOSINI: L’offizio che non dà da mangiare al suo padrone, non vale due fichi secchi (p. 455).
It. GAMBA: Governo che non dà da mangiar al suo padrone, non vale due fichi secchi (p. 422).
It. GIANNINI: Cattivo è il mestiere che non nutrisce l’artefice (p. 398).
It. CARLESI: Un governo che non dà da mangiare al governatore non vale un fico secco (p. 981).
It. MARONE: Un ufficio che non dà da mangiare al suo padrone non vale due fave (p. 445).
It. BODINI: Una carica che non dà da mangiare al suo titolare non vale due fave (p. 962).
It. FALZONE: Una carica che a chi l’esercita non dà da mangiare, non vale due fave (p. 753);; LA GIOIA: Un incarico che non dà pane a chi lo svolge non vale due soldi (p. 821).
It. CANALE: Un officio che non dà da mangiare al padrone non vale due fave (p. 1625).
Le traduzioni risultano per lo più letterali ad esclusioni di quella di Giannini poiché egli rielabora e riassume l’espressione proverbiale, mantenendo comunque il significato del testo originale. Tutti, tranne Gamba, inseriscono l’articolo (determinativo o indeterminativo) a inizio frase prima del soggetto, e La Gioia traduce metaforicamente no da de comer con l’espressione "non dà pane". La traduzione letterale di dos habas, "due fave", è riscontrata nei testi di Marone, Falzone, Bodini e Canale; Gamba, Carlesi e La Gioia adottano invece alcuni modi di dire italiani, con significati equivalenti, e traducono rispettivamente con "due fichi secchi", "un fico secco" e "due soldi". Di seguito le varianti italiane adottate per oficio: offizio (Franciosini); governo (Gamba, Carlesi); ufficio/officio (Marone, Canale); carica (Falzone, Bodini); mestiere (Giannini);incarico (La Gioia). Varianti per a su dueño: al suo padrone (Franciosini, Gamba, Marone, Canale); al governatore (Carlesi); a chi lo esercita (Falzone); l’artefice (Giannini); a chi lo svolge (La Gioia); al suo titolare (Bodini). Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 254.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 389.
48. Paréceme que no hay refrán que no sea verdadero, porque todos son sentencias sacadas de la mesma experiencia, madre de las ciencias todas, especialmente aquel que dice: «Donde una puerta se cierra, otra se abre»
QI, cap. XXI
It. FRANCIOSINI: Mi par che non ci sia proverbio, che non sia vero, perché son tutte sentenzie, cavate dall’esperienzia, madre di tutte le scienzie, massimamente quello che dice. Dov’una porta si serra, un’altra se n’apre (p. 206).
It. GAMBA: Credo che non diasi proverbio che non sia vero, perché tutti contengono sentenze tratte dalla sperienza, madre di tutto il sapere. Verissimo è poi quello che dice: dove una porta si serra, un’altra se ne apre (p. 186).
It. GIANNINI: Mi pare che non ci sia proverbio che non dica il vero, giacché son tutte sentenze ricavate appunto dalla esperienza, madre d’ogni scienza; specialmente quello che dice: «Dove si chiude una porta, un’altra se n’apre» (p. 183).
It. CARLESI: Credo che non ci sia proverbio che non contenga una verità, perché tutti quanti non sono che sentenze attinte direttamente all’esperienza madre d’ogni sapere; e specialmente quello che dice: «Quando una porta si serra, un’altra se n’apre» (p. 189).
It. MARONE: Mi sembra non esista proverbio che non contenga un grano di vero, perché tutte le sentenze traggono origine dalla stessa esperienza madre delle scienze. E più di tutti mi pare sia vero quello che dice: «Dove una porta si chiude un’altra se ne apre» (p. 300).
It. BODINI: Mi pare che non c’è proverbio che non dica il vero, perché son tutte sentenze ricavate dall’esperienza, madre di tutte le scienze; e in particolar modo quello che dice: «Non si serra mai una porta, che non se ne apra un’altra» (p. 199).
It. FALZONE: Mi sembra che non ci sia proverbio che non risponda alla realtà, perché son tutte sentenze ricavate direttamente dall’esperienza, madre di ogni scienza, specialmente quello che dice: «Dove si chiude una porta se ne apre un’altra» (p. 148).
It. LA GIOIA: Mi pare proprio che non esista proverbio che non sia veritiero, trattandosi di sentenze originate dall’esperienza, madre di tutte le scienze, e specialmente quel proverbio che dice: «Dove si chiude una porta un’altra se ne apre» (p. 159).
It. CANALE: Mi pare che non ci sia proverbio che non risponda a verità, perché si tratta sempre di sentenze tratte dall’esperienza, madre di tutte le scienze; soprattutto quello che dice: «Dove si chiude una porta, se ne apre un’altra» (p. 321).
Le traduzioni sono letterali ma si noti come il termine refrán sia stato tradotto in modo generico da tutti con "proverbio"1. Marone traduce especialmente aquel que dice con la perifrasi "e più di tutti mi pare sia vero quello che dice", diversamente da tutti gli altri che traduco in modo letterale. La lezione adottata da Franciosini, Gamba e Carlesi, "serrare" col significato di chiudere, risulta ormai obsoleta tra i parlanti, ma non è da omettere la sua frequenza nel toscano con il senso di ‘combaciare, chiudere perfettamente’ (GRADIT 2007). Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre que no sea verdadero: che non sia vero/veritiero (Franciosini, Gamba, La Gioia); che non contenga un grano di vero (Marone); che non contenga una verità (Carlesi); che non risponda alla realtà (Falzone); che non dica il vero (Giannini, Bodini); che non risponda a verità (Canale). Varianti per madre de las ciencias todas: madre di tutte le scienze/madre delle scienze (Franciosini, Marone, La Gioia, Bodini, Canale); madre di tutto il sapere/madre d’ogni sapere (Gamba, Carlesi); madre di ogni scienza (Falzone, Giannini). La parte iniziale del refrán, no hay refrán que no sea verdadero, è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 266.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 252.
49. Por feas que seamos las mujeres, mí parece que siempre nos da gusto el oír que nos llaman hermosas
QI, cap. XXVIII
It. FRANCIOSINI: Per molto brutte che siamo noi altre donne, pare a me, che sempre ci piaccia l’esser chiamate belle (p. 331).
It. GAMBA: Per quanto noi altre donne manchiamo di bellezza, ci è però sempre di grande compiacenza il sentirci riputate per belle (p. 285).
It. GIANNINI: Per brutte che si possa essere noi donne, sono d’opinione che ci fa sempre piacere il sentirci chiamare belle (p. 284).
It. CARLESI: Noialtre donne, per brutte che siamo, sempre ci piace di sentirci chiamar belle (p. 292).
It. MARONE: Per quanto brutte possiamo essere noi donne, mi pare che sempre ci piacerà sentirci chiamate belle (p. 412).
It. BODINI: Anche se siamo brutte ci fa sempre piacere, a noi donne, che ci chiamino belle (p. 298).
It. FALZONE: Per quanto brutte possiamo essere noi donne, credo che ci faccia sempre piacere sentirci chiamare belle (p. 229).
It. LA GIOIA: [nei suoi biglietti lodava la mia bellezza] e si sa che noi donne amiamo sentircelo dire (p. 243).
It. CANALE: Per quanto brutta sia, mi sembra che a una donna piaccia sempre sentirsi chiamare bella (p. 487).
Le traduzioni risultano tutte riadattate alla grammatica italiana. La Gioia sintetizza il refrán. Franciosini enfatizza l’esser brutte aggiungendo l’avverbio "molto" davanti all’aggettivo (brutte), e al contrario Gamba non traduce feas letteralmente ma attenua con la perifrasi "manchiamo di bellezza. " Bodini sostituisce la preposizione "per" presente a inizio frase con la congiunzione concessiva "anche se", modificando in questo modo l’intera struttura del sintagma ma non il significato di partenza. Carlesi disloca a sinistra l’argomento del discorso (le donne), in modo da metterlo fin da subito in evidenza. Canale opta per una sintesi dell’espressione proverbiale non mantenendo la costruzione in prima persona del testo di partenza e parlando della donna in modo generico al singolare e non al plurale.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 350.
50. Sé breve en tus razonamientos; que ninguno hay gustoso si es largo
QI, cap. XXI
It. FRANCIOSINI: Non esser lungo ne’ tuoi ragionamenti, che nissuno dà gusto, se non è breve (p. 213).
It. GAMBA: Sii breve, chè un discorso lungo non può mai dar piacere (p. 191).
It. GIANNINI: Sii breve nei tuoi discorsi, perché nessuno ven’ha di piacevole, se lungo (p. 188).
It. CARLESI: Guarda d’esser breve: chi è prolisso non riesce gradito (p. 194).
It. MARONE: Sii breve nei tuoi ragionamenti perché nessuno è gustoso se è lungo (p. 306).
It. BODINI: Sii breve nei tuoi discorsi, perché non ve n’è alcuno che sia gradito, se è lungo (p. 205).
It. FALZONE: Sii breve nei tuoi discorsi; che non c’è nessuno che sia gradito, se è prolisso (p. 153).
It. LA GIOIA: Sii breve nei tuoi ragionamenti, perché, dei lunghi, nessuno è gradito (p. 164).
It. CANALE: Sii breve nei tuoi ragionamenti: nessun ragionamento lungo risulta gradevole (p. 239).
Le traduzioni sono letterali ad esclusioni di quella di Gamba e di Carlesi che optano per un riassunto del refrán, cambiando in tal modo anche la struttura del sintagma di partenza. Franciosini adotta i contrari di sé breve e di si es largo e traduce rispettivamente con "non esser lungo" e "se non è breve". Canale, nella seconda parte, riprende il soggetto che nel testo spagnolo di riferimento risulta sottinteso e modifica la struttura della frase eliminando il periodo ipotetico. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre razonamientos: ragionamenti (Franciosini, Marone, La Gioia, Canale); discorso (Gamba); discorsi (Falzone, Giannini, Bodini). Varianti per ninguno hay gustoso: nissuno dà gusto (Franciosini); nessuno è gustoso (Marone); nessuno che sia gradito/alcuno che sia gradito (Falzone, Bodini); nessuno ven’ha di piacevole (Giannini); nessuno è gradito (La Gioia); nessuno risulta gradevole (Canale). "Nissuno" è la variante ormai obsoleta di ‘nessuno’. Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 266.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 258.
51. Si el ciego guía al ciego, ambos van a peligro de caer en el hoyo
QII, cap. XIII
It. FRANCIOSINI: Se un cieco guida un altro cieco, ambi due corrono risico di cader nella fossa (p. 117).
It. GAMBA: Se un cieco guida un altro cieco vanno a pericolo tutti e due di cadere nella fossa (p. 116).
It. GIANNINI: Se un cieco guida l’altro tutti e due cascano nella fossa (p. 110).
It. CARLESI: Se un cieco è guida di un cieco, tutti e due corron rischio d’andare a cadere in un fosso (p. 693).
It. MARONE: Se il cieco guida il cieco, entrambi corron pericolo di cadere nel fosso (p. 125).
It. BODINI: Se il cieco fa da guida al cieco, corrono il rischio di finire nel fosso tutt’e due (p. 689).
It. FALZONE: Se un cieco guida l’altro, tutti e due cascano nella fossa (p. 539).
It. LA GIOIA: Se un cieco guida un altro cieco, tutti e due finiscono nel fosso (p. 577).
It. CANALE: Se il cieco guida il cieco, ambedue corrono il rischio di cadere nel fosso (p. 1147).
Falzone, Giannini e La Gioia non traducono letteralmente poiché inseriscono il proverbio equivalente italiano nella loro edizione; metodo non adottato dagli altri traduttori che invece cercano di mantenere la struttura e ogni elemento dell’espressione spagnola. Si noti come il soggetto ambos viene dislocato a destra sia da Gamba, sia da Bodini che, in questo modo, non rispettano né il testo spagnolo, né la costruzione tipica italiana SVO. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre van a peligro: corrono il risico (Franciosini); vanno a pericolo (Gamba); corron pericolo (Marone); corron rischio (Carlesi); corrono il rischio (Bodini, Canale). "Risico" è la variante regionale toscana di ‘rischio’ secondo il GRADIT. Varianti per de caer: di cader/cadere (Franciosini, Gamba, Marone, Canale); d’andare a cadere (Carlesi); di finire (Bodini).
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 131.
52. Siempre las desdichas persiguen al buen ingenio
QI, cap. XXII
It. FRANCIOSINI: Sempre le disgrazie perseguitano i bell’ingegni (p. 230).
It. GAMBA: Le sventure perseguitano sempre gl’ingegni (p. 207).
It. GIANNINI: Le disgrazie sempre perseguitano il bell’ingegno (p. 202).
It. CARLESI: Sempre le disgrazie perseguitano l’intelligenza (p. 210).
It. MARONE: Sempre le sventure perseguitano il buon ingegno (p. 323).
It. BODINI: Le disgrazie perseguitano sempre le persone d’ingegno (p. 219).
It. FALZONE: Le disgrazie perseguitano sempre chi è dotato d’ingegno (p. 165).
It. LA GIOIA: La mala sorte non fa che perseguitare quelli intelligenti (p. 176).
It. CANALE: Le disgrazie perseguitano sempre il buon ingegno (p. 355).
Franciosini, Marone e Carlesi mantengono l’ordine degli elementi all’interno del sintagma spagnolo, diversamente dagli altri traduttori che pongono a inizio frase il soggetto (las desdichas) in accordo con le regole della grammatica italiana. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre las desdichas: le disgrazie (Franciosini, Carlesi, Falzone, Giannini, Bodini, Canale); le sventure (Gamba, Marone); la mala sorte (La Gioia). Varianti per al buen ingenio: i bell’ingegni (Franciosini); gl’ingegni (Gamba);il buon ingegno (Marone, Canale); l’intelligenza (Carlesi); chi è dotato d’ingegno (Falzone);il bell’ingegno (Giannini); quelli intelligenti (La Gioia); le persone d’ingegno (Bodini).
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 272.
53. Tanto el vencedor es más honrado, cuanto más el vencido es reputado
QII, cap. XIV
It. FRANCIOSINI: Tanto più il vincitore è più onorato, quanto il vinto è tenuto in maggior stima (p. 122).
It. GAMBA: Tanto è maggiore il trionfo di un vincitore quanto più il vinto è tenuto in celebrità (p. 121).
It. GIANNINI: Di tanto il vincitor è più onorato di quanto il vinto più viene stimato (p. 115).
It. CARLESI: Quanto più il vinto ebbe virtude e onore, tanto più merta fama il vincitore (p. 697).
It. MARONE: Tanto il vincitore è più lodato quanto più il vinto sarà reputato (p. 131).
It. BODINI: Il vincitore è tanto più onorato se il vinto è per valore rinomato (p. 693).
It. FALZONE: Vincitor di tanto è più onorato di quanto il vinto è più in valor stimato (p. 542).
It. LA GIOIA: Tanto il vincitore è più onorato quanto il vinto famoso era stimato (p. 580).
It. CANALE: Tanto il vincitor è più onorato quanto di più il vinto è reputato (p. 1155).
Quella di Marone è l’unica traduzione letterale, le altre, probabilmente a causa della presenza della struttura correlativa "tanto…quanto…", risultano riadattate alla grammatica italiana. Nella versione di Gamba il valore sintattico del soggetto (el vencedor) viene mutato e reso complemento di specificazione; la correlazione comparativa è mantenuta da tutti, ad esclusione di Bodini che inserisce un periodo ipotetico. Carlesi inverte i due termini della comparazione, inserendo il vinto nel primo elemento ed il vincitore nel secondo elemento del refrán. Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 288.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 135.
54. Tiene el miedo muchos ojos, y vee las cosas debajo de tierra
QI, cap. XX
It. FRANCIOSINI: La paura ha molti occhi, e vede le cose insino di sotterra (p. 191).
It. GAMBA: La paura ha molti occhi e giunge a vedere fino a sotterra (p. 173).
It. GIANNINI: La paura ha molti occhi, e se vede le cose di sotterra (p. 170).
It. CARLESI: La paura ha cent’occhi, e vede le cose anche sotto terra (p. 176).
It. MARONE: La paura ha molti occhi e vede le cose sotto la terra (p. 285).
It. BODINI: La paura ha mille occhi, e vede anche le cose che stanno sottoterra (pp. 186-187).
It. FALZONE: La paura ha cento occhi, e vede anche le cose che stanno sottoterra (p. 138).
It. LA GIOIA: La paura ha mille occhi e vede le cose che stanno sottoterra (pp. 148-149).
It. CANALE: La paura ha un mucchio di occhi e vede anche sottoterra (p. 301).
Le traduzioni sono per lo più letterali. Si noti l’alternanza di sotterra, sotto la terra e sottoterra per debajo de tierra. Le lezioni "insino" e "sotterra" sono di tradizione letteraria secondo il GRADIT. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre muchos ojos: molti occhi (Franciosini, Gamba, Marone, Giannini); cento occhi (Carlesi, Falzone); mille occhi (La Gioia, Bodini); un mucchio di occhi (Canale). Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 248.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 240.
55. Todo lo que suele adquirir un gobernador discreto suele perder y derramar una mujer rústica y tonta
QII, cap. XLII
It. FRANCIOSINI: Tutto quello, che suole acquistare un Governator Savio, suol perdere, e mandar male una moglie Zotica, e balorda (p. 412).
It. GAMBA: Una moglie zotica e balorda manda a male tutto quello che un governatore può guadagnare colla sua saggezza (p. 382).
It. GIANNINI: Quanto di solito acquista un saggio governatore, di solito ciò rovina e isperde una moglie zotica e sciocca (p. 361).
It. CARLESI: Una moglie zotica e balorda spesso manda a male tutto quello che può guadagnare un governatore con la sua saggezza (p. 945).
It. MARONE: Quanto riesce a ottenere un saggio governatore spesso può disperdere e rovinare una donna rustica e sciocca (p. 402).
It. BODINI: Di solito quello che un governatore intelligente acquista, glielo rovina e disfa una moglie stupida e ignorante (p. 927).
It. FALZONE: Spesso una moglie zotica e sciocca rovina e disperde ciò che suole acquistare un saggio governatore (p. 726).
It. LA GIOIA: Tutto quello che può guadagnare un governatore saggio, lo può sprecare e perdere una moglie stupida e rozza (p. 790).
It. CANALE: Tutto quello che suole acquisire un governatore discreto suole perderlo una moglie rustica e tonta (p. 1563).
Le traduzioni sono letterali ma Gamba, Carlesi e Falzone non mantengono l’ordine dei costituenti e dislocano a inizio frase ciò che nell’espressione proverbiale si trova alla fine, ovvero l’azione della mujer rústica y tonta. Marone, Falzone e Giannini invertono l’ordine sostantivo-aggettivo di gobernador discreto e traducono con "saggio governatore".Infine la lezione di Giannini, "isperdere" col significato di ‘perdere/sprecare", risulta ormai un verbo raro e appartenente a un lessico di basso uso secondo il GRADIT. Di seguito le traduzioni adottate per mujer rústica y tonta: moglie zotica e balorda (Franciosini, Gamba, Carlesi); donna rustica e sciocca (Marone); moglie zotica e sciocca (Falzone, Giannini); moglie stupida e rozza (La Gioia); moglie stupida e ignorante (Bodini); moglie rustica e tonta (Canale).
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 358.
56. Todos los poetas antiguos escribieron en la lengua que mamaron en la leche, y no fueron a buscar las estranjeras para declarar la alteza de sus conceptos
QII, cap. XVI
It. FRANCIOSINI: Tutti i Poeti scrissero in quella lingua, che succhiaron nel latte, e non andarono a cercare le straniere, per dichiarare l’altezza dei suoi concetti (p. 149).
It. GAMBA: Tutti gli antichi poeti composero nella lingua succhiata da loro col latte, né andarono accattando le straniere per ispiegare l’altezza dei loro concetti (p. 144).
It. GIANNINI: Tutti i poeti antichi scrissero nella lingua che succhiarono col latte e non andarono a cercare le straniere per esprimere i loro alti concetti (p. 135).
It. CARLESI: Tutti gli antichi poeti scrissero nella lingua che succhiaron col latte, e non andarono in cerca d’altre lingue per esprimere l’altezza dei loro concetti (p. 721).
It. MARONE: Tutti i poeti antichi scrissero in quella lingua che appresero succhiando il latte materno e non andarono a cercare le straniere per esprimere l’altezza dei loro concetti (pp. 156-157);; BODINI: Tutti i poeti antichi scrissero nella lingua che succhiarono col latte, e per esporre l’altezza dei loro concetti non andarono a scomodare le lingue straniere (p. 715).
It. FALZONE: Tutti i poeti antichi scrissero nella lingua che succhiarono col latte, e non andarono a cercare quelle straniere per esprimere l’altezza dei loro concetti (p. 559).
It. LA GIOIA: Tutti i poeti antichi scrissero nella loro lingua materna, non cercarono lingue straniere per esprimere i loro alti concetti (pp. 599-600).
It. CANALE: Tutti i poeti antichi hanno scritto nella lingua succhiata col latte materno e non sono andati a cercarsi una lingua straniera per dichiarare l’altezza dei propri concetti (p. 1195).
Le traduzioni sono letterali. Si noti la variante di La Gioia che traduce la lengua que mamaron en la leche con "lingua materna", quindi non in modo letterale ma estremamente sintetico. Franciosini non traduce l’aggettivo antiguos, Gamba lo antepone al sostantivo, diversamente dal testo di partenza e da tutte le altre traduzioni qui analizzate, e Bodini mette a focus la proposizione finale che nella versione originale era posta in fondo alla frase.Infine la lezione adottata da Gamba "accattando" risulta ormai obsoleta, e perciò marcata in sendo diacronico rispetto alle altre due lezioni utilizzate "cercare" e "scomodare"; quest’ultima, impiegata solo da Bodini, risulta però una scelta stilistica meno formale rispetto alla prima (GRADIT 2007). Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre para declarar: per dichiarare (Franciosini, Canale); per ispiegare (Gamba); per esprimere (Marone, Carlesi, Falzone, Giannini, La Gioia); per esporre (Bodini).
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 156.
57. Todos los vicios traen un no sé qué de deleite consigo; pero el de la envidia no trae sino disgustos, rancores y rabias
QII, cap. VIII
It. FRANCIOSINI: Tutti i vizii portano un non so che di diletto seco, ma quello dell’invidia, non porta se non disgusti, rabbie, e rancori (p. 70).
It. GAMBA: Tutti i vizii seco si traggono un non so che di diletto, ma non altro che dispiaceri, rabbie e rancori trae seco l’invidia (p. 73).
It. GIANNINI: Tutti i vizi, recano seco un non so che di diletto, ma quello dell’invidia non reca se non dispiaceri, rancori e ire (p. 70).
It. CARLESI: Tutti i vizi contengono in sé qualche allettamento, ma quello dell’invidia non contiene che disgusto, rancore, rabbia (p. 652).
It. MARONE: Tutti i vizi portano seco un non so che di piacere; ma quello dell’invidia non porta che dispiaceri, rancori e rabbie (p. 80).
It. BODINI: Tutti quanti i vizi, hanno dentro un non so che di piacere, l’invidia invece non porta se non disgusto, rancori e rabbia (p. 649).
It. FALZONE: Tutti i vizi recano in sé un non so che di diletto, ma quello dell’invidia non reca se non dispiaceri, rancori e ira (p. 508).
It. LA GIOIA: Tutti i vizi, danno un certo piacere, solo l’invidia non porta che inquietudine, rancori e rabbia (p. 542).
It. CANALE: Tutti i vizi portano con sé un non so che di diletto, ma quello dell’invidia non porta con sé altro che dispiaceri, rancori e rabbie (p. 1079).
Le traduzioni di questo refrán appaiono letterali e l’ordine degli elementi all’interno del sintagma è stato rispettato nella maggior parte dei casi. Escludendo la versione di Franciosini, nella prima parte dell’espressione proverbiale si può notare come il pronome consigo abbia subito spostamenti all’interno dell’enunciato: viene infatti posizionato vicino al predicato verbale, e mentre Gamba lo disloca a sinistra, tutti gli altri lo dislocano a destra. Anche nella seconda parte del refrán l’ordine dei costituenti è stato mantenuto, ad esclusione di Gamba che preferisce mettere in posizione di focus le conseguenze dell’"invidia", ovvero "dispiaceri, rabbie e rancori". Infine "seco", pronome usato prevalentemente in ambito letterario, risulta ormai in disuso e cronologicamente più antico rispetto a "in sé/con sé" secondo il GRADIT. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre traen: portano (Franciosini, Marone, Canale); traggono (Gamba); contengono (Carlesi); recano (Falzone, Giannini); danno (La Gioia);hanno (Bodini). Varianti per deleite: diletto (Franciosini, Gamba, Falzone, Giannini, Canale); piacere (Marone, La Gioia, Bodini); allettamento (Carlesi). Varianti per disgustos: disgusti (Franciosini); dispiaceri (Gamba, Marone, Falzone, Giannini, Canale);inquietudine (La Gioia); disgusto (Carlesi, Bodini).
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 94.
58. Un mal llama a otro, y el fin de una desgracia suele ser el principio de otra mayor
QI, cap. XXVIII
It. FRANCIOSINI: Un male chiama l’altro, e il fine d’una disgrazia suol esser principio d’un’altra maggiore (p. 342).
It. GAMBA: Un male chiama l’altro ed il termine di una disgrazia, spesso è il principio di un’altra maggiore (p. 293).
It. GIANNINI: La fine d’una disgrazia suol essere il principio di un’altra più grave (p. 292).
It. CARLESI: Le disgrazie non vengono mai sole (p. 300).
It. MARONE: Un male chiama un altro e la fine d’una disgrazia suol essere il cominciamento di un’altra maggiore (p. 421).
It. BODINI: La fine d’una disgrazia suole esser l’inizio di un’altra (p. 306).
It. FALZONE: Un male ne chiama un altro e la fine di una disgrazia per lo più è il principio di un’altra peggiore (p. 236).
It. LA GIOIA: Una disgrazia chiama l’altra (p. 250).
It. CANALE: La fine di una disgrazia è di solito il principio di un’altra peggiore (p. 501).
Le traduzioni sono per lo più letterali, ad esclusione di Carlesi e di La Gioia che stravolgono la struttura dell’espressione proverbiale semplificandola attraverso una sintesi. Giannini, Bodini e Canale optano per una riduzione del refrán omettendo la parte iniziale. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre el fin: il fine (Franciosini);il termine (Gamba); la fine (Marone, Falzone, Giannini, Bodini, Canale). Varianti per el principio: il principio (Franciosini, Gamba, Falzone, Giannini, Canale);il cominciamento (Marone); l’inizio (Bodini). "Cominciamento" è un sostantivo di uso letterario; "principio" e "inizio" sono invece termini di alta frequenza e appartenenti al lessico fondamentale dei parlanti secondo il GRADIT. Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 244.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 357.
59. Uno de los efectos del miedo es turbar los sentidos y hacer que las cosas no parezcan lo que son
QI, cap. XVIII
It. FRANCIOSINI: Uno de gl’effetti del timore è, turbare i sensi, & rappresentarci le cose, differentemente di quello che sono (p. 171).
It. GAMBA: Uno degli effetti della paura è quello di sconvolgere i sentimenti, e di presentare le cose diverse affatto da quello che sono (p. 157).
It. GIANNINI: Uno degli effetti della paura è di confondere i sensi e far si che le cose non appaiano quali sono (p. 154).
It. CARLESI: Uno degli effetti della paura è quello di turbare i sensi, e di far sì che le cose non appaiano come sono (p. 159).
It. MARONE: Uno degli effetti della paura è di confondere i sensi e fare che le cose non appaiano quali esse sono (p. 260).
It. BODINI: Uno degli effetti del timore è proprio quello di turbare i sensi e di far che le cose non paiano quel che sono (p. 169).
It. FALZONE: Uno degli effetti della paura è di turbare i sensi e far sì che le cose non appaiano come sono (p. 125).
It. LA GIOIA: La paura ti impedisce di vedere e sentire; uno dei suoi effetti è proprio quello di turbare i sensi e fare che le cose non appaiano per quelle che sono (p. 135);; CANALE: Uno degli effetti della paura è turbare i sensi e far sì che le cose non appaiano essere quello che sono (p. 273).
Le traduzioni nel complesso sono letterali. Franciosini e Gamba, pur mantenendo il significato del testo spagnolo di riferimento, modificano in parte il finale dell’espressione proverbiale poiché adottano verbi che comportano una struttura differente. La Gioia utilizza la parola miedo come soggetto di una proposizione principale introduttiva della successiva traduzione pressoché fedele del proverbio originale, posta in coordinazione alla precedente. Franciosini e Bodini sono gli unici che adottano "timore" per tradurre miedo, gli altri optano invece per "paura". Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre turbar: turbare (Franciosini, Carlesi, Falzone, La Gioia, Bodini, Canale); sconvolgere (Gamba); confondere (Marone, Giannini). Varianti per hacer que: fare che (Marone, La Gioia, Bodini); far sì che (Carlesi, Falzone, Giannini, Canale).
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 223.
60. Vale más buena esperanza que ruin posesión, y buena queja que mala paga
QII, cap. VII
It. FRANCIOSINI: Vale più una buona speranza, che un cattivo possesso, e più un buon lamento, che una mala paga (p. 62).
It. GAMBA: Più vale una buona speranza che un cattivo possesso, e più un buon avere che una mala paga (p. 66).
It. GIANNINI: Chi lascia il poco per aver l’assai, né l’un né l’altro averà mai, meglio un po’ scontento per aver mal pagamento (p. 64).
It. CARLESI: Chi lascia il poco per aver l’assai, si ritrova sovente in mezzo a’ guai, e chi troppo vuole, niente ha (p. 645).
It. MARONE: Vale più una buona speranza che una meschina realtà, più una buona preghiera che una mala paga (p. 73).
It. BODINI: Una speranza val più d’un meschino possesso, e una buona causa più di una cattiva paga (p. 643).
It. FALZONE: Vale più una buona speranza che un cattivo possesso, e meglio un buon lamento che un cattivo pagamento (p. 503).
It. LA GIOIA: Una buona aspettativa vale più di un misero possesso, e un giusto reclamo più di una cattiva paga (p. 537).
It. CANALE: È meglio una speranza fondata che una cassa sfondata e più una buona lagnanza che una cattiva paga (p. 1067).
I traduttori hanno reso in italiano letteralmente il refrán, mantenendo la posizione degli elementi all’interno della bipartizione del sintagma, ad esclusione di Carlesi, Giannini e Canale che inseriscono nel testo una differente espressione proverbiale. I primi due introducono le medesime parole nella prima parte dell’aforismo, ma non nella seconda, e in generale non conservano il concetto espresso nel testo spagnolo di riferimento; Canale invece rielabora l’enunciato spagnolo in questione mantenendo in gran parte il significato originale ma avvalendosi di una maggiore libertà di scelta lessicale. La posizione iniziale e quindi di focus occupata dal verbo non viene conservata da tutti; si vedano come esempio le traduzioni di La Gioia e di Bodini che preferiscono mettere a inizio frase il soggetto, in accordo con le regole della grammatica italiana, concedendogli così maggior rilevanza. Franciosini, Gamba e Marone riportano letteralmente nella loro edizione "mala paga", mentre Falzone, La Gioia, Bodini e Canale adottano "cattivo pagamento" e "cattiva paga", considerandoli più corretti in italiano. Si noti infine come nelle edizioni italiane ogni autore abbia seguito le regole della grammatica italiana inserendo davanti ai sostantivi l’articolo, assente nel testo e nel costrutto tipico spagnolo. Di seguito le varianti italiane adottate per tradurre ruin posesión: cattivo possesso (Franciosini, Gamba, Falzone); meschina realtà (Marone); misero possesso (La Gioia); meschino possesso (Bodini). Varianti per buena queja: buon lamento (Franciosini, Falzone); buon avere (Gamba); buona preghiera (Marone); giusto reclamo (La Gioia); buona causa (Bodini); buona lagnanza (Canale). Questo refrán è anche presente nel Refranero general español di Sbarbi alla p. 229.
Fuente: Cervantes, Miguel de (1978), El ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, edizione di Luis Andrés Murillo, Castalia, Madrid, p. 88.
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